Miranda Priestly smonta le nostre scuse da maniache dello shopping

Se dicono che l’abito non fa il monaco,

ho sempre creduto che è perché sì, lo fa. Se c’è bisogno di precisare che l’aspetto esteriore non è tutto è proprio perché, purtroppo, l’esteriorità, il modo in cui ci presentiamo dice qualcosa di noi. E non è superficialità, solo un’evidenza (e la legge di PNL per cui “l’impressione su una persona la formiamo nei primi 10 secondi che la vediamo” e capite che in 10 secondi non c’è molto altro da valutare oltre all’alito, alla stretta di mano e per carità, magari anche a cose più profonde come gli occhi, l’italiano corretto e il modo di porsi generale).

Proprio per questo credo che la moda sia una cosa seria, che non si può sempre mettersi quel che capita e trattare i vestiti come “usa e getta”. Che sì, anche l’etichetta e il taglio di un abito contino e sono un modo per portare fuori qualcosa che abbiamo dentro: cose banali eh, tipo la nostra etica e l’interesse verso gli altri, verso chi ha fatto anche quel vestito magari. In fondo, quell'”habitus” a cui si riferisce il proverbio del monaco riporta per la sua radice etimologica proprio alla “disposizione d’animo“, a un modo di essere che non può non mostrarsi nel nostro apparire. Scegliere H&M non è la stessa cosa che indossare un capo sartoriale, tipo. Lo vedi nelle finiture, nel modo in cui cade, ma anche se non si vedesse da questo (ho capi di fast fashion che non diresti mai che sono fast fashion, per carità), saresti tu a sentirti diversa indossandolo.
Come? Va bene che “gli occhi siano lo specchio dell’anima”, ma non che il doppio petto abbottonato fino al collo dica qualcosa di diverso da una giacca da cui si intravede il reggiseno? O che il maglioncino che ha fatto tutti “ciucci” al primo lavaggio sia la stessa cosa e avrà la stessa vita duratura di uno in puro merino, trattato sempre bene anche nel mantenerlo (dato quanto ci sarà costato…). Certo, l’aspetto o il vestito non dà a nessuno il diritto di fare o dire nulla, sto solo dicendo che, volenti o nolenti, quel look parla. L’importante è che noi siamo consapevoli di ciò che vogliamo dire.
Abbiamo scomodato direttamente la boss della moda, Miranda Priestly per smontare senza mezzi termini e con la sua schiettezza alcune delle cose che ci piace raccontarci sulla moda e sull’importanza o meno dell’aspetto esteriore. Convinzioni per dirci superiori e fuori da quel mondo di apparenza appunto, ma anche giustificazioni con cui mettiamo a tacere la coscienza all’ennesima busta piena, a un’altra borsa di grido per una stagione solo, all’acquisto fatto perché “me lo merito” o sulla scia di quella modella in copertina su Vogue lontanissima dal mio gusto (e forse anche dalle mie forme…). Che molte delle cose che ci raccontiamo sulla moda è la moda stessa ad avercele insegnate: perché? Perché è un’industria che deve vendere, baby. E per farlo, agisce proprio su quello che pensi, sui desideri e anche sulla tua voglia di sentirti “fuori” dal sistema, perché no?

Solo il cinismo e la sincerità spietata di Miranda può salvarci!

1.Io non compro qualcosa solo perché “va di moda”. Io indosso solo cose che piacciono a me.

Siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori dalle proposte della moda: quindi, in effetti, indossi un golfino che è stato selezionato per te dalla persona qui presente in mezzo ad una pila di roba.

(Miranda Priestly, Il diavolo veste Prada)

Al di là di tutte le cose belle e profonde che possiamo raccontarci, di quanto possiamo romanzarla e renderla romantica, per quanto vogliamo buttarla sulla ricerca di senso e identità la verità è che la moda, per come la conosciamo noi oggi, è soprattutto un bisogno legato al sistema consumistico in cui siamo immersi. Se avessimo come le nostre nonne due vestiti “buoni”, due cappotti e tre vestiti per tutti i giorni, allora magari potremmo davvero parlare di “valore”, di scelta consapevole, ma la verità, oggi, è che la moda è un industria e tutto quello o la maggior parte di quello di cui crediamo di aver bisogno per nostra scelta è in realtà frutto di un lavoro di marketing spietato, sia che lo recepiamo subito (i così detti “pionieri” in linguaggio tecnico, che provano le novità appena escono) o dopo un po’ (i “follower”, cioè coloro che arrivano ad accettare una tendenza o un prodotto innovativo un po’ più in ritardo, dopo averci fatto l’occhio e l’abitudine).

2. Ho aperto l’armadio, ma non avevo niente da mettere.

Non hai la minima idea dello stile e del senso della moda…no, non era una domanda…

(Miranda Priestly, Il diavolo veste Prada)

Una frase classica, che in realtà dimostra solo quanto poco siamo “fashioniste”, non quanto in realtà lo siamo. Se fossimo vere fashion addicted sapremmo osare, mixare, copiare per valorizzare cose che già abbiamo nell’armadio, per dare vita a nuovi abbinamenti, per fare nostre le tendenze che ci propongono senza semplicemente doverle adottare e sembrare l’ennesima copia di qualcun altro: questo è senso dello stile.

3. Ho comprato quella fantasia che quest’anno portano tutti.

Floreale? Per la primavera? Avanguardia pura.

(Miranda Priestly, Il diavolo veste Prada)

Quando sono uscite le Hogan io le odiavo. Non capivo come la gente potesse mettere quelle scarpe. Eppure, dopo un anno, dopo averci fatto l’occhio, dopo averle viste e riviste…forse…quasi quasi…magari sono comode… Non mi sono mai piaciute e io neanche ho bisogno del tacco, ma mi ero abituata, lo avevo visto indosso alla star preferita, lo avevo visto fino all’ennesima potenza e basta, tanto da pensare che fosse pure “carino” o magari valesse la pena provarlo, se lo avevano tutti. Non le ho mai acquistate, ma spesso succede così per molti capi. All’inizio non ci piacciono, ma a forza di vederli…Questo è spesso l’acquisto più sbagliato, quello che resta fermo a prendere la polvere, perché, nonostante “lo abbiano tutti” o “ne abbiamo la testa piena” magari non è un modello adatto a noi, alle nostre forme (i piumini 100 gr li odio, perché mi stanno malissimo con le spalle che mi ritrovo e la vita piccola, eppure, ecco un altro capo che a forza di vederlo stavo per comprare. Stavo.) o anche al nostro gusto (e in questo caso lo metti tre volte e poi basta).

4. Io lavoro e mi faccio il mazzo tutto il giorno, me lo merito.

Con quel curriculum notevole e il grande discorso sulla tua cosiddetta etica del lavoro ho creduto che tu potessi essere diversa, mi sono detta, provaci, corri il rischio…Avevo una speranza, mio Dio, io vivo di speranze. Comunque alla fine mi hai deluso più tu di tutte le altre ragazze galline.

(Miranda Priestly, Il diavolo veste Prada)

Siamo tutti bravi a parlare. Molto meno coi fatti. Pessimi se si tratta di shopping. Io per prima. Io merito quella maglia che mi posso permettere giusto perché costa 5 euro, giusto perché oggi ho avuto una giornata no, ma quel bambino, che dorme sotto la macchina da cucire della mamma in una fabbrica in India, se lo merita?

5. Non sono mica le scarpe o la borsa a definirmi. Se qualcuno mi giudica da quello che indosso o dall’aspetto esteriore vuol dire che non ha capito nulla di me.

Tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso, ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo. E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti. Dopodiché è arrivato a poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l’hai pescato nel cesto delle occasioni.

(Miranda Priestly, Il diavolo veste Prada)

Non tutti possono permettersi un abito del mercato etico (anche se basterebbe comprare una t-shirt invece di cinque per stagione, magari), non tutti possono pagare una sarta, non tutti hanno una nonna con la loro taglia dal cui armadio possono “rubare” bei capi, non in tutte le città ci sono bei negozi di vintage o second hand. Se puoi permetterti solo H&M, acquista solo H&M, l’importante è che tu sia consapevole di ciò che compri, di chi te lo sta vendendo, non perché tu debba sentirti addosso il sangue dei lavoratori, ma perché inizi a farlo con coscienza: quello che compro mi serve davvero? Lo porterò più di un asola stagione (ammesso che regga i lavaggi certo)? Davvero non ho nulla di simile già nel’armadio? Le nostre scelte sono dettate da un sistema che vuole che consumiamo e appariamo, un sistema che sa benissimo come far leva sulle nostre incertezze (soprattutto riguardo all’immagine) e sui nostri sogni (magari si avverassero con indosso una t-shirt da 2 euro o piuttosto che una da 150). Pensare di essere fuori dal sistema, significa esserne prigionieri ancora di più. Compreremo sempre per sentirci bene e apparire in un certo modo, per sollevarci il morale o sperare in uno sguardo diverso del marito o per la gioia del nostro io, questa è la verità. Cerchiamo prima di tutto di disintossicarci da questa “botta” di felicità data dall’acquistare e dal possedere, magari trasferendola su altro (tipo imparare a fare qualcosa con le nostre mani) e di capire che qualunque acquisto ha il potere di farci felici solo per un tempo limitato e poi, ci ricaschiamo.

5. Compro questo a 10 euro tanto è proprio uguale uguale a quello di Dolce e Gabbana in sfilata…

I dettagli sulla tua incompetenza non mi interessano.

(Miranda Priestly, Il diavolo veste Prada)

Non è tutto uguale nel mondo della moda. E a parte la firma, ricordate che il costo di un capo comprende il costo di tante “persone” che dietro a quello lavorano. Spesso la firma non è garanzia di qualità o comportamento etico. Quindi non fermatevi a quella. E soprattutto, solo perché Zara ha copiato la fantasia di Prada e voi vi sentite già in passerella, questa non è fortuna spacciata: è strategia di vendita. Non ci cascate solo per dieci minuti di celebrità apparente che, magari, a voi, le fantasie con motivi piccoli, neanche stanno bene poi.

Da noi e Miranda…

è tutto!

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