Se la fede fa tendenza (o forse no…)

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***Attenzione, state leggendo: commenti (forse) non richiesti sul Met Gala 2018 e mostra “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination”***

Che la mia Medaglia Miracolosa facesse tendenza è una cosa che ho sempre sperato.

Non perché sia un accessorio particolarmente fashion, ma perché ho sempre sperato che un giorno i cristiani volessero finalmente riappropriarsi della propria identità di cristiani e cominciare a mostrarlo senza vergogna, anche negli abiti. Sarà che quando guardo le persone ci faccio caso e ammiro come un gesto eroico quando vedo qualcuno che davvero non mi aspetto indossare una medaglietta miracolosa o un crocefisso: certo, non quello tempestato di strass che ti vendono da Accessorize  e lo metti perché Vogue ha detto che è tra le ultime tendenze, ma quello portato con fede lo riconosci, di solito non è vistoso, di solito è vissuto perché portato sempre, come compagno di vita. Non ci vedo nulla di male nel fatto che spesso la religione abbia influenzato il nostro modo di vestire: si può essere alla moda e cool, ma anche consapevoli che il proprio corpo è “tempio dello Spirito” (o se vi fa più figo che il corpo è lo specchio dell’anima) e quindi non qualcosa di totalmente nostro su cui pensare di agire senza avere ripercussioni a livello più profondo.

A volte però è la moda che va a scomodare la fede (guarda caso di solito sempre quella cattolica eh, perché il rosario buddista invece va portato con rispetto, lo dice anche la mia estetista) e si rifà al sacro per qualcosa che diciamocelo, di tutta questa sacralità non avrebbe bisogno. Non perché non sia bello che gli stilisti si ispirino ai Santi, ai Papi, all’arte sacra (fosse la volta buona che qualcuno si converte folgorato sulla via di Damasco, vedi mai?), ma perché quando vai a scomodare qualcosa di talmente alto e sacro, e lo togli dal suo contesto, dal suo “perché”, per accostarlo a qualcosa di prettamente umano e basso, come la moda (che io adoro per carità, ma comunque sempre legata a un concetto di superficialità rimane) non è che quest’ultima ne beneficia (tanto se non avesse cercato ispirazione nella religione, l’avrebbe fatto in qualcos’altro, tipo nelle piante grasse), ma è la prima che ne esce ridicolizzata e sminuita nella sua sacralità.

E infatti quello che c’è stato al gala del Met di quest’anno è stato una sola cosa: ridicolo. Perché Rihanna vestita da papessa o la Parker agghindata a capitello col Presepe, per non parlare delle tante aureole, ali e compagnia che hanno sfilato insieme alle celebrities, sinceramente credo non siano state un bello spettacolo da vedere per nessuno, anche per chi non crede. E credo che con la moda, quella vera, abbiano anche poco a che fare. Forse hanno più a che vedere con la volontà di dissacrare dei simboli, di svecchiare quella Chiesa che in realtà non è che ne sia uscita giovane e cool, ma anzi, forse più debole e incapace di difendere anche la sua tradizione. A me è sembrata una svendita al miglior offerente, più che un mettersi in mostra. E questa mostra “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination” ci è costata davvero cara: forse, quei pezzi ce li hanno anche pagati bene, ma quelli che hanno pagato di più siamo sicuramente noi cattolici. Perché si vede che c’è qualcosa di profondamente stonato, triste, nell’affiancare paramenti e reliquie (sì, perché alcuni indumenti prestati appartengono a Santi e Beati) a costosissimi abiti che no, non sono stati fatti per servire Dio, ma a mammona.

Perché come la metti, la metti, di “heavenly”, celestiale, nel corpo non c’è nulla, se non è accompagnato da un’anima di cui essere lo specchio.

E i corpi che ho visto sfilare l’altra sera sono solo specchio di una società talmente lontana da Dio, che non sa neanche che farsene della bellezza che la Chiesa ha ereditato (e che per la nostra cultura vuol dire tanto, senza aprire in questa sede una discussione sul fatto che lo sfarzo nella Chiesa è sempre a lode di Dio) se non giocarci a fare la festa a tema.

E poi, cara Annarè (Anna Wintour), che ti sei beata di essere stata fondamentale nel raggiungimento di questo “successo”, lo sa anche mia nonna che “scherza coi fanti, ma lascia stare i Santi” (e te lo traduco così sei avvantaggiata per la prossima volta: “play with the jacks, but leave alone the Saints”).

DISCLAIMER: l’immagine non è di nostra proprietà. FONTE:web

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